Call for papers per la Rivista «Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio» 2023 sul tema:

Il Mediterraneo come luogo di scambi, interazioni e contaminazioni: un laboratorio di culture

Per una riflessione sul rapporto tra antropologia e storia si potrebbe cominciare a contenere il nostro sciovinismo greco e con esso l’idea del “miracolo greco”, pensando che le radici della cultura greca si trovino in Egitto e in Fenicia, quando i Pelasgi dell’Arcadia montuosa erano ancora selvaggi.     

         Secondo Tucidide è il commercio dei Fenici che prima dei Greci costituisce una koinè mediterranea, e sappiamo che secondo Diodoro, nel V secolo, i Cartaginesi già possedevano terre in Sicilia. L’Egitto omerico è ancora magico, ma è anche pieno di piante medicinali e di medici.

          Francois Hartog, tuttavia, attribuisce il merito della conoscenza alla caratteristica inquietudine dei greci e alle risposte che essi hanno dato a questa inquietudine, considerando la Grecia una frontiera da attraversare e puntando lo sguardo su se stessi e sugli altri. La caratteristica della mentalità greca è la risposta alla loro inquietudine, cioè la conoscenza.

         Nel Mediterraneo c’è la misura del cambiamento che sta alla base del meticciato che continua ad operare nella plurimillenaria predisposizione umana ad incrociarsi, da quando i nostri antenati uscirono dall’Africa. E gli storici ci risvegliano dal sonno dogmatico di una etnografia nostalgica di culture cristallizzate, aiutandoci a scoprire la continuità del cambiamento. Se dal punto di vista delle logiche identitarie è la memoria che seleziona il passato e contribuisce a cementare le appartenenze, è l’idea statica di identità culturale ad alimentare etnocentrismi e xenofobie, perché si basa sul concetto biologico di razza e non sul concetto di identità storica.

         David Abulafia ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa umana che ha contribuito a plasmare il corso della storia mediterranea e la centralità di coloro che hanno solcato questo mare.   “A tous  les acteurs méditerranées (micenei, fenici, greci, cartaginesi romani, bizantini, arabi) nous devons l’invention de l’individu et la création e la Cité avec ses structures et ses institutions” (H. Fantar).

         Per Abulafia le vere protagoniste sono le città portuali con il loro cosmopolitismo del quale si dovrebbe riconoscere l’ambiguità, in quanto rimane intrappolato nella tensione tra il riconoscimento delle differenze e del pluralismo e l’individuazione di valori universali.

         Le strutture e le congiunture socio-economiche che hanno favorito le convivenze di popoli diversi nelle città portuali mediterranee si presentano come veri e propri laboratori antropologici.  Infatti le migrazioni portano alla luce “quanto si agita nel profondo delle società, sia di quelle di origine che di quelle di arrivo” e, a questo proposito, non dimentichiamo Michele Amari il quale parlava di Arabi di Sicilia, e non in Sicilia, per sottolineare il sincretismo delle culture che avviene nei processi di migrazione e che coinvolge anche l’entroterra, ne sono esempi la Sicilia di Federico II e la Livorno dei Medici.

Bibliografia minima

D. Abulafia, The great sea. A Human History of the Mediterranean, Oxford University Press, New York, 2011.

M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, 1854.

L. Amselle, Logiche meticce. Antropologia dell’identità in Africa e altrove, Boringhieri, Torino, 1999.

M. Bernal, Atena nera. Le radici afro-asiatiche della civiltà classica, Il Saggiatore, Milano, 2011.

J. Berard, La Magna Grecia. Storia delle colonie greche dell’Italia medidionale, Einaudi, Torino, 1971.

F. Braudel, La Méditerraneè et le monde méditerranéen à l’époque de Philippe II, Paris, A. Colin, 1949.

L. Canfora, Mediterraneo, una storia di conflitti, Castelvecchio, Roma, 2016.

F. Hartog, Memorie di Ulisse. Racconti sulla frontiera nell’antica Grecia, Einaudi, Torino, 2002.

É. Horden e N. Purcell,  The Corrupting Sea. A Study of Mediterranean History, Blackwell, Oxford, 2000.

Ch. Picard, Sea of the Caliphs, Harvard University Press, 2018.

Cfr. anche “Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio”, 2-3, 2018.


Call for papers

per la Rivista «Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio» n. 1-2 2022 sul tema “Il pensiero simbolico”. 

Riprendiamo la nostra ricerca antropologica e, con il salvataggio della Rivista “Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio” (d’ora in avanti “SASL”), proponiamo di avviare un dibattito attraverso singoli contributi (al massimo 10 cartelle editoriali) da pubblicare su “SASL” nel corso dell’anno 2022.

Tenendo conto che i fascicoli di “SASL” escono due volte l’anno – primo fascicolo a giugno e secondo fascicolo a dicembre – i saggi dovranno pervenire in Redazione leoneverdeluc@gmail.com entro il mese che precede la stampa di ciascun fascicolo (cioè maggio, oppure novembre).

Diamo in sintesi alcuni punti di discussione relativi al tema che proponiamo: Il pensiero simbolico:

Per Detienne l’attività storica di Tucidide è uno dei luoghi in cui si produce la “frattura” fra la favola della mitologia greca e il campo del sapere storico, il suo territorio concettuale, dal quale il mythôs è escluso e che si fa carico di un altro modo di raccontare. La mitologia, che tratta di un mondo fantastico, è la via del simbolismo, della ricerca di una indicibilità che il discorso razionale non può enunciare.

Ma la funzione simbolica è intesa come “fabbrica di senso … che si interpone sempre e necessariamente fra mondo pensato e mondo vissuto … invisibile tela di fondo” (C. Lévi- Strauss) sulla quale gli antropologi cercano di ricostruire le ragioni delle diversità culturali e il loro rapporto con il mondo.

Se pensiamo alla “distinzione tra umanità e animalità o tra cultura e natura come una delle primarie occupazioni del pensiero umano primitivo” (Leach) e proseguiamo fino al dibattito attuale sul pensiero  simbolico, ci troviamo di fronte a modi diversi di procedere e diverse  ipotesi da sostenere, aventi in comune un’idea, che “l’ordine che scopriamo nel mondo è qualcosa che noi imponiamo e che l’uomo ha scelto di ordinare il mondo  in modi diversi in maniera completamente arbitraria” (Leach).

Da una parte lo storicismo umanistico che affonda le sue radici in Vico e che in Italia si è affermato con la Scuola Romana di Pettazzoni e Brelich, l’ “etnocentrismo critico” e la “destorificazione mitico-rituale” di E. De Martino;  dall’altra, le tesi dell’inconscio collettivo e degli archetipi nei contributi di Jung, Kérenyi, Eliade e lo strutturalismo i cui maggiori rappresentanti sono Lévi-Strauss, Foucault e Lacan. 

Questo può essere il quadro approssimativo delle prospettive teorico-metodologiche nelle quali il pensiero simbolico è analizzato. Nel primo caso ci sono gli storici che intendono la storia come una faccenda di rapporti che l’individuo – come soggetto sovrano – stabilisce con le istituzioni; dall’altro, studiosi che si chiedono in che senso la mente umana sia libera e che presuppongono piuttosto una “radice nascosta”, per cui le attività umane sono solo apparentemente libere e che viceversa dipendono da un pensiero anonimo, inconscio, condiviso, che smentisce la presenza di un soggetto della Storia e che, per Lévi-Strauss, per esempio,  è “il luogo della traducibilità delle culture”.

Bergson, ha definito l’uomo “una macchina che fabbrica gli dei”, “Eppure, commenta Bastide, quando li vedo passare, gli uomini, di ritorno dal lavoro, con le spalle dondolanti, le braccia ciondoloni, il passo strascicato, mi dico che queste macchine sono ben arrugginite, ben stremate per riuscire ancora a fabbricare degli dei … e nonostante ciò riescono a fabbricare dei”. Bastide si pone la questione se, forse, “tutto questo non è che la manifestazione di un archetipo iscritto nella natura umana, come vuole Jung, ovvero nella storia dell’umanità, come vuole Eliade”: quasi una categoria a priori di tipo kantiano, – l’ “immaginazione creativa” che ordina il caos e il disordine e che si trova nella mitologia dei popoli, da quelli del mondo antico ai popoli dell’Oceania. “Allora permettetemi, scrive ancora Bastide, di vedere in queste esperienze di sacro selvaggio … la volontà di riprendere il gesto di Mosè quando colpiva con la sua verga il suolo arido per farne scaturire l’acqua che fa rifiorire i deserti” nel tentativo umano di possedere il mondo.

Rimane ancora da considerare la conclusione provocatoria di Foucault: “E’ necessario che ci si rassegni ad assumere nei confronti dell’umanità una posizione analoga a quella assunta verso la fine del XVIII secolo, nei confronti delle altre specie viventi, quando ci si è accorti che esse non funzionavano per Qualcuno – né per se stesse, né per l’uomo, né per Dio, ma funzionavano, e basta … Bisogna che ci rassegniamo ad ammettere che sono giustificazioni. L’umanesimo è una di queste, l’ultima”.

Bibliografia minima

R. Bastide, Il sacro selvaggio, Jaca Book, 1977.

H. Bergson, Le due fonti della morale e della religione, 1932.

E. De Martino, Il Mondo Magico, Einaudi, Torino 1948.

M. Detienne, Ripensare la mitologia, in M. Izard e P. Smith, La funzione simbolica, Sellerio, Palermo, 1988.

M. Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano, 2016.

C.G. Jung, (1971) L. Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, Boringhieri, Torino, 1972.

E. Leach, Introduzione a C.  Lévi-Strauss. Strutturalismo del mito e del totemismo, Newton Compton, Roma 1975.

C. Lévi-Strauss, (1971) L’uomo Nudo, Il Saggiatore, Milano, 1974.


Call for papers 

per la Rivista «Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio» n. 1-2 2021 sul tema “Antropologia e Letteratura”. 

La scadenza per la presentazione dei saggi è il 30 giugno 2021; la lunghezza dei saggi è non più di 10 cartelle.

In un momento in cui la crisi pandemica ha messo in evidenza la fragilità del nostro sistema, le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, ci sembra sempre più necessaria una riflessione critica e storico-antropologica intorno al tema Come gli uomini si raccontano e come costruiscono la storia attingendo alle forme di espressione letteraria. Questa riflessione ci permetterà di misurare l’importanza della responsabilità individuale nella storia, costruita, pensata e narrata dagli uomini.

Nell’attitudine umana di raccontarsi, infatti, si esprime “l’immaginazione produttiva” kantiana, un prodotto intellettuale capace di interpretare la vita, di riflettere sulla condizione umana e capace anche di immaginare, e a volte lottare, per realizzare un mondo diverso. 

La riflessione intende collocarsi nel solco di un neoumanesimo attivo, che metta in primo piano il valore dell’uomo e della dignità della vita umana, e che miri a salvaguardare come patrimonio culturale non solo i fatti umani accaduti e sofferti, ma anche l’interpretazione e la rappresentazione simbolica che ne è scaturita. 

L’invito è ad esplorare gli elementi compositivi dei testi nei diversi generi letterari di poesia e prosa (narrativa, autobiografia, memorialistica, storiografia, etnografia, diritto), considerando il fenomeno estetico- letterario soprattutto come prodotto storico- antropologico. 

P.S. I saggi presentati, prima di essere pubblicati, saranno oggetto di dibattito seminariale in modalità online.

I saggi dovranno essere inviati, insieme con l’abstract (6 o 7 righe) e 5 parole chiave, a    leoneverdeluc@gmail.com

“Storia, antropologia e scienze del linguaggio” (SASL) intende dedicare una riflessione articolata sul tema “ Il Mediterraneo crogiuolo di popoli  – ponte e frontiera, presente e passato.                             

Storia, antropologia, archeologia sono le grandi modalità del confronto, vie che conducono al necessario e inevitabile distacco da sé per avvicinarsi a culture che non sono le nostre, e con le quali possiamo interagire riducendo le rispettive diffidenze nella convinzione del carattere storico delle civiltà mai conquistate una volta per sempre, ma intese come problemi eternamente nuovi che i loro protagonisti devono affrontare e risolvere. 

Per questa auspicabile strategia è indispensabile ripensare il plurimillenario contributo alla reciproca conoscenza di viaggiatori, storici, filosofi, commercianti, migranti (e anche corsari) che hanno attraversato il Mediterraneo, amandosi e tiranneggiandosi.

Se la conoscenza degli altri è l’unica via per conoscere se stessi, e “le esperienze etnografiche, come scrive Lévi-Strauss in “Tristi Tropici”, spogliano i nostri usi di quella evidenza che il fatto di non conoscere altri, è sufficiente ad attribuire loro”, la compresenza ravvicinata delle diverse genti del Mediterraneo, multietnicoe meticcio, rappresenta la migliore scenografia dove sperimentare la validità di questa tesi.               

In tale contesto si invitano antropologi, bioeticisti, economisti, filosofi, geografi, linguisti, storici a partecipare inviando i propri contributi – che saranno valutati da peerreferees –  entro il 3 settembre, 2018.

I saggi – di lunghezza massima 10 cartelle – dovranno essere inviati, insieme con l’abstract (6 o 7 righe) e 5 parole chiave, a    leoneverdeluc@gmail.com 

The magazine ”Storia antropologia e scienze del linguaggio” (“SASL”) calls a reflexion on the theme “The Mediterranean – bridge and border, past and present– “

History, anthropology, archeology are the great modalities of comparison, ways that lead to the necessary  and inevitable detachment from onself to approach  cultures that are not ours, and with whichwe can interact by reducing the respective distrust in the conviction of the historical character of the civilizations never conquered once and for all, but understood as eternally new problems that  their protagonists must face and solve.

For this desirable  strategy it is essential to remember the millennial contribution to mutual knowledge of travelers, historians, traders, migrants (end even privateers) who have passed through the Mediterranean, loving each others and  tyrannizing themselves.

If the knowledge of others is the only way to know oneself and “the ethnographic experiences, as Lévi-Strauss writes, strip our uses of that evidence the fact of not knowing others is sufficient to attribute them”, the proximity of the different people of the multi-ethnic and mixed Mediterraneanrepresents the best scenography where to experiment  this thesis.

In such contextwe invite anthropologists, environmentalists, philosophers, geographers, linguists, historians  to partecipate in the papers , that will be evaluated by peer referees, by 3 September 2018.

The papers – of maximum lenght 10 sheets-  will be sent, together with the abstract (  6 or 7 lines)  and 5 keywords,  to leoneverdeluc@gmail.com